mercoledì 31 marzo 2010

DUE STORIE A CONFRONTO

Il 18 marzo, Aldo Busi, in serata, abbandona l’Isola dei famosi. Cercando di sorprendere, provocare, indignare...Niente di nuovo. Tra i suoi fulmini uno colpisce il Nicaragua dove i naufraghi sono stati “sistemati”definendo la spiaggia una latrina. Quest'ultima affermazione causa un'incidente diplomatico tra Italia e Nicaragua con la conseguente conferenza stampa della produzione Rai che prende le distanze e si scusa, compreso l'intervento dell'ambasciata Italiana. Fin qui tutto va bene, giustissimo scusarsi .Se qualcuno viene a casa mia e la definisce una latrina anch'io mi offendo. All'incirca dieci giorni dopo atterrano a Malpensa ,Sebastiano Girelli e Noris Rossi, bresciani. Di ritorno da una vacanza? Non proprio! Se la sono vista brutta.

La passione per l’Asia, in particolare per l’India, è il punto di partenza per una vicenda che li ha visti protagonisti. In India i due subiscono, mentre viaggiano in treno, il furto di soldi, telefoni, videocamera e chitarra. Hanno a loro disposizione solo il biglietto per la Thailandia e lo usano. Lì, squattrinati, attendono il bonifico liberatore e passano alcune settimane. Si presentano in banca per riscuotere il denaro, ma a quanto pare finiscono nel mirino di malfattori locali. Una donna li vede ritirare il denaro e poco dopo si presenta davanti a loro con un poliziotto. «Hanno cercato di rubarmi il telefono cellulare», racconta all’agente. Inutile ogni tentativo di difesa, da parte dei due bresciani.
Che hanno raccontato -ci hanno richiesto un sacco di soldi per non denunciarci, ma noi eravamo convinti delle nostre ragioni e non abbiamo voluto pagare». Una convinzione che si è trasformata in un trampolino verso l’arresto. Prima la prigione locale, poi quella statale, a Ayutthaya. «Stavamo incatenati, in una stanza di 50 metri quadrati ed eravamo in 75. Lì dormivamo, fino alle 4 del mattino per la preghiera buddhista. Poi ci facevano cantare l’inno nazionale thailandese. Abbiamo imparato le parole come i bambini imparano le canzoni dell’Antoniano». La prima settimana è stata durissima gli dicevano che sarebbero usciti solo dopo tre anni. Poi, dopo una ventina di giorni, la cauzione di 4.000 euro fa il suo dovere e Sebi e Noris escono di prigione. In attesa del processo, hanno l’obbligo di firma. Contattano un avvocato, con questa linea difensiva: “Dite dal profondo del cuore che siete innocenti”. A quel punto prospettano “la fuga”con l'aiuto di un giornalista tedesco che si occupa di questi casi. Dopo varie tappe in giro per il mondo arrivano finalmente in Italia. «Torneremo in India - confidano a pochi metri dalla bandiera italiana che è piantata davanti all’abitazione di Sebi - ma non in Thailandia. Lì siamo sulla «lista-nera». Non posso confermare il racconto dei due ragazzi perché non li conosco personalmente, ma se è vero mi chiedo quanto vale la vita di un cittadino italiano all'estero?

lunedì 8 marzo 2010

Eleonora Anna Maria Felice de Fonseca Pimentel

Nel giorno in cui qualcuno (Sopratutto  donne) si ostina ancora a festeggiare una festa come se fosse "uno" solo il giorno in cui ricordarsi di loro, dimenticando la tragedia che diede inizio a questa data.Voglio raccontarvi di un personaggio "Donna" che merita tanto. Eleonora Anna Maria Felice de Fonseca Pimentel (Roma, 13 gennaio 1752 – Napoli, 20 agosto 1799). Originariamente, Leonor da Fonseca Pimentel Chaves. È stata una delle figure più rilevanti della breve esperienza della Repubblica Napoletana del 1799. Di famiglia portoghese ma nata a Roma. Si dedicò allo studio delle lettere e si cimentò nella composizione di versi (sonetti, cantate, epitalami). Fin dall'infanzia leggeva e scriveva in latino e greco, parlava inoltre diverse lingue moderne. Nel 1778 sposò Pasquale Tria de Solis, capitano dell'esercito napoletano, da cui ebbe un figlio, Francesco, che morì in tenera età; resterà l'unico figlio da lei avuto. Per lui scrisse cinque sonetti, pervasi di disperato amore materno.Nel 1786 si separò dal marito, le cui percosse le avevano causato l'interruzione di una seconda gravidanza (il marito sarebbe poi morto nel febbraio 1795). Amica della regina Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, divenne la curatrice della sua biblioteca. Con lei frequentò i salotti degli illuminati napoletani, affiliati alla massoneria e in un primo tempo sostenuti dalla stessa regina. Forte fu il legame tra le due donne, ma si interruppe drasticamente con il sopraggiungere, dalla Francia, delle notizie che facevano conoscere i drammatici sviluppi della Rivoluzione. La regina progressista, si sentì tradita da quegli amici che con lei avevano lavorato per una monarchia moderna e che ora promuovevano l'avvento della repubblica. Nell'ottobre del 1798 Eleonora fu incarcerata con l'accusa di giacobinismo. Fu liberata dopo qualche mese dai "lazzaroni", che avevano aperto le carceri per avvalersi dell'aiuto dei delinquenti comuni. Fu il direttore del giornale ufficiale della Repubblica, il Monitore Napoletano, che si pubblicò dal 2 febbraio all'8 giugno 1799, in 35 numeri bisettimanali. Dai suoi articoli emerge un atteggiamento democratico ed egualitario, contrario ad ogni compromesso con le correnti moderate  volto a diffondere nel popolo gli ideali repubblicani, attività nella quale la Pimentel si impegnava attivamente. La conseguenza fu quello di acuire il malanimo dei Borbone nei suoi confronti e di attirarle addosso la loro vendetta, quando la Repubblica, nel giugno del 1799, fu rovesciata e la Monarchia fu restaurata, Eleonora fu arrestata e portata in una delle navi ancorate nel golfo di Napoli dove furono ammucchiati i rei di Stato in attesa della definizione delle sentenze. In un primo tempo la Giunta di Stato riconobbe ad Eleonora - e sottoscrisse - una "obbliganza penes acta", in sostanza un contratto ed una sentenza insieme, con cui il giudice ed il condannato rinunciavano al processo ed il secondo giurava, pena la morte, di non rientrare nel Regno. Tuttavia la Giunta di Stato, tre giorni dopo, dichiarò di aver commesso un errore formale ed Eleonora fu condotta nel Carcere della Vicaria; disattendendo la firma regia già apposta all'obbligo penes acta (ma di maggiore portata fu il disattendere per tramite dell'Ammiraglio inglese Orazio Nelson - dinanzi a tutte le nazioni d'Europa - la capitolazione stipulata dai Borbone con i Repubblicani), il 17 agosto fu condannata a morte. Fu impiccata a Napoli, nella storica piazza del Mercato, il 20 agosto 1799. Salì al patibolo con coraggio.
Ho tratto da Wikipedia l'enciclopedia libera la maggior parte di queste informazioni.Di lei scrisse anche Benedetto Croce, ma uno degli ultimi libri sulla sua storia è di Enzo Striano, Il resto di niente. Da cui e tratto l'omonimo film (del 2004), che vi consiglio, della regista napolatana,  Antonietta De Lillo.
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