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lunedì 15 marzo 2021

L'ASILO MARIUCCIA


Da quando sono arrivato in Lombardia, ogni volta che assisto a chiassose o inutili discussioni o diverbi tra adulti, interviene sempre qualcuno che dice; basta, smettetela mi sembra di essere all'asilo Mariuccia.

 Nessuno però sa spiegarmi il perché di questo modo di dire, io ho sempre immaginato un'enorme asilo chiassoso dove si litiga per la merenda, i giochi, insomma per motivi futili, un luogo difficile da amministrare per la giovane età dei bambini .Quindi un modo per dire; smettetela di comportarvi in modo infantile, fate le persone serie.

Poi un giorno su un settimanale del corriere della sera, leggo un vecchio articolo di Ada Negri, Poetessa e scrittrice, che lo scrisse nei primi anni del 900

                                                             Alamy stock photo

Partiamo da Mariuccia, chi era? Era una ragazzina di tredici anni che purtroppo in tre giorni morì di difterite, ma in punto di morte in preda alle convulsioni strappò una promessa alla mamma; quella di aprire una casa d'accoglienza per ragazze abbandonate o messe sulla cattiva strada. La mamma con un grande stato d'animo supera le difficoltà per attuare un progetto così grande e apre una casa per bambine messe sulla cattiva strada o abbandonate, in un periodo in cui la fame poteva portare a fare scelte difficili. 

La casa si trova in periferia di Milano, fuori Porta Magenta. Non molto lontano dal ricovero verdiano per musicisti.

Le ragazze accolte, in questa casa laica, con alle spalle un triste destino vengono chiamate le volontarie. Vengono accettate e seguite da Donne forti e motivate, purché queste ultime hanno una volontà di redenzione. All'interno di questa casa c'è un dormitorio un' infermeria e le ragazze trascorrono giornate serene facendo lavori di cucito. Questa casa è un passaggio o per altri istituti più ricchi o un passaporto per un lavoro onesto che permette alle ragazze di vivere dignitosamente. Queste poverine, alcune molto giovani, si sentono amate e si riappropriano di quella fanciullezza alla quale sono state strappate. Un Istituto laico con all'interno il quadro di quella fanciulla, Mariuccia, che ha chiesto alla madre di aprire un'asilo per fanciulle povere, un'opera di amore per giovani violate, usate, ma che con amore tentano di risorgere in un luogo comunque di grande spiritualità.

Si pensa alla grandiosità di questo progetto, all'avanguardia per quel tempo, dato che solo alla metà degli anni 70 del 900 si sono aperti centri di assistenza statali  per tutelare le Donne, ancora oggi  sono poche strutture e insufficienti, per poter dare un aiuto serio e degno di uno stato moderno e civile. 

Esiste ancora oggi e aiuta mamme e bambini in difficoltà. Nacque nel 1902 dopo la morte di Maria, per difterite nel 1901



La mamma Ersilia Bronzini e il padre Luigi Majno chiamavano la loro adorata figlia Mariuccia e grazie alla sue ultime volontà fondarono questo luogo d'amore e spero che da oggi in poi, il suo nome non venga più accostato a comportamenti infantili di  adulti irresponsabili. 


domenica 28 aprile 2013

GESTO FOLLE



L'episodio, avvenuto poche ore fa a Montecitorio, merita approfondimenti.
Io prendo solo come spunto quello che sembrerebbe (uso non a caso il condizionale sottolineato) il gesto di un folle per parlare di follia.
Chi è folle, pazzo, instabile, ha bisogno di cure e non necessariamente tutti i giorni va in giro travestito da malato. Può vivere una vita in equilibrio in un ambiente familiare e lavorativo che concilia tutto ciò e/o con l'aiuto di farmaci.
Non per forza, nella sua vita, devono esserci episodi  di escandescenza o atti estremi. 
I veri malvagi possono essere  quelli che coscientemente, subito dopo questi gesti, cercano di dare un connotato/significato che più si avvicina al proprio pensiero, ma che molto si allontana dalla realtà.
 Mi spiego: se subito dopo si sente politici dire che queste cose succedono quando si alzano i toni, o giornalisti di caratura parlare di apologia di reato, o collegare questo gesto o altri episodi alla situazione non certo brillante che attraversa il paese, si fa a mio modesto giudizio un grave errore!
Queste persone hanno una malattia che purtroppo non sono dei virus o batteri identificabili per produrre subito una cura, ma hanno una visione distorta della realtà.
L'innesco che può far scattare la molla per compiere atti estremi di autolesionismo o omicida possono essere molteplici ma non sono di sicuro motivi IDEALISTICI.
Possono essere episodi che tutti i giorni accadono a tutti noi nella vita, ma che in un momento di non equilibrio producono azioni illogiche, da non confondere con uno scatto d'ira.
Anche quest'ultimo può produrre effetti disastrosi, ma resta isolato nel contesto in cui si svolge.

giovedì 11 agosto 2011

CONTRASSEGNO HANDICAP


Il Contrassegno Italiano per i portatori di handicap, esposto 
sulle nostre autovetture non vale in europa.
Lo ha scoperto a sue spese, più o meno 110 €, un disabile romano in vacanza in Svezia.


Bisogna ora affrontare l'argomento senza farci trascinare dall'emozione. Io personalmente credo che il vigile non abbia sbagliato ad applicare il regolamento, certo il buon senso poteva correre in 
suo aiuto, però  non vedendo il logo conforme a quello europeo uno può anche pensare
che sia falso.
Penso dunque che il vigile non è il problema di questa storia.

Il problema si chiama “Parking Card for disable people”: è cioè  il nome del contrassegno disabili valido in tutta Europa per la sosta e la circolazione riservata.

Ma non in Italia, anche se previsto da una
raccomandazione europea del 1988 (n. 98/376/CE) 
 riconosciuta in tutti gli stati membri dell'unione Europea, senza alcun pericolo di fraintendimenti. L’Italia però non lo ha ancora: una mancanza dovuta un po’ all’inerzia del legislatore, un po’ 
al fatto che – almeno fino a qualche mese fa – la normativa sulla privacy impediva
di fatto la nascita di questo strumento. 
Ma il tempo passato è davvero tanto (23 anni)
  per non chiedersi cosa si sia fatto in questa forbice di tempo così grande?

Noi prendiamo sempre le cose con tanta superficialità è questo si ripercuote in tutti gli ambienti lavorativi, con questi risultati. Il nostro concittadino facendo un ricorso, attraverso la nostra ambasciata in Svezia, potrebbe anche non pagare la multa.
Comunque finisce la storia è risolvibile,
il brutto è quando attraverso questa superficialità succedono cose molto più gravi che possono anche far scappare un morto, a quel punto andiamo in cerca di un capo espiatorio da condannare, perdendo sempre di vista il punto iniziale da dove è partito il problema.

Vabbè ma ci sono cose più importanti,  vabbè ma se il vigile chiudeva un'occhio, 
vabbè ma è una str.ata.....Ci sono cose più importanti! ....Questo spesso è il modo 
di affrontare le cose, che si trasforma in un buco di 23 anni.

La storia è raccontata sul portale dell’Inail  superabile .it

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