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domenica 31 luglio 2011

NEPOTISMO STORICAMENTE TRAMANDATOCI

Quando  parliamo della figura del Papa oggi, siamo lontani dai predecessori, non solo in ordine di tempo ma anche di comportamenti.  
Camillo Borghese fu eletto papa nel maggio del 1605 col nome  Paolo V.
Si impegnò a estendere la potenza della  famiglia Borghese  facendo apportare anche modifiche architettoniche alla città di Roma.
Affidò infatti a Carlo Maderno la  modifica del progetto di  Michelangelo della Basilica di San Pietro, modificando non solo la pianta ma  l'iscrizione anche nel timpano, al centro del nuovo amplissimo frontone, un gigantesco
                                               «PAULUS V BURGHESIUS»
(il testo completo dell'iscrizione recita «IN HONOREM PRINCIPIS APOST(olorum) PAULUS V BURGHESIUS ROMANUS PONT(ifex) MAX(imus) AN(no) MDCXII PONT(ificati) VII»).

Il Papa aveva un nipote; Scipione Caffarelli "poi" Borghese, fu adottato dallo zio materno e fatto cardinale, potendo dunque usare per il potere il nome dei Borghese. Fu un'eclettico e avido collezionista di opere d'arte, non si faceva scrupolo di entrarne in possesso anche con mezzi illegali, come nel caso dei 107 dipinti confiscati al pittore Giuseppe Cesari, detto Cavalier d’Arpino, o del celebre dipinto di Raffaello chiamato “la Deposizione di Cristo”, fatto addirittura rubare da una cappella privata nella chiesa di San Francesco a Perugia.


Disse in seguito ai derubati che lo aveva fatto perché quel dipinto era importante per il cammino di fede del Papa.
Con le classiche modalità del Nepotismo diffuso nell'epoca, ebbe un enorme potere come segretario pontificio e accumulò enormi ricchezze, tramite tasse e imposte papali, ed acquisì grandi proprietà per la famiglia Borghese.
Oggi la villa Borghese a Roma è diventata proprietà dello stato ed è visitabile, anche il magnifico quadro "rubato" di Raffaello.

mercoledì 11 maggio 2011

BOB MARLEY 30° anno dalla morte


A Saint Ann in Giamaica, il 6 febbraio del 1945 nasceva il figlio di un ex ufficiale della marina di origini inglesi e una giovane donna di colore,Cedella Booker, nasceva dunque BOB MARLEY. Questa mattina ascoltando radio deejay sono venuto a conoscenza del 30° della morte di questo cantante che è diventato nel tempo un'icona . Nel 1966 con il gruppo di The Wailers, inizio' a incidere i primi successi, nello stesso anno il matrimonio con Alpharita Costancia Anderson (Rita Marley) che lo inizio' al rastafarianesimo, una dottrina religiosa basata sulla Bibbia che riconosceva nel re d'Etiopia, Haile Selassie, il proprio profeta. Fù anche la data che in qualche modo segnò la sua vita o meglio dire morte! Perché? Si narra che nel 1977  scoprì la malattia che lo avrebbe ucciso. Appassionato del gioco del calcio,durante una partita con gli amici, dopo un fallo di gioco si fece male a un alluce e da li  gli diagnosticarono poi un melanoma. Si dice quindi, ma non è una notizia ufficializzata mai dalla sua famiglia, che Marley rifiuto' i trattamenti medici in virtu' della sua fede Rasta e il male progredi' inesorabilmente, fino alla morte a Miami l'11 maggio del 1981. Marley verra' ricordato in una puntata speciale di ''Dixit Stelle'' interamente dedicata al profeta del reggae, che andra' in onda domani 11 maggio alle 21.00 su Rai Storia, canale digitale terrestre, satellitare free e tv sat.

mercoledì 30 marzo 2011

GIORGIO MARINCOLA




Da molto tempo non posto, quasi due mesi. Per pigrizia e altri impegni. Mi sono perso il compleanno del mio blog e un post sul 150 mo dell'unità d'Italia. A quest'ultimo posso rimediare. Leggendo un settimanale, uno dei tanti articoli dedicati al nostro compleanno, mi sono soffermato su un trafiletto firmato Pietro Veronese. Questa è una storia che ti fa capire che bisogna sentirsi italiani  agendo, non  lamentarsi ogni giorno........Qui non funziona niente, solo in Italia si fa così.....Solo noi paghiamo........Questo non vuol dire che non ci sono problemi,  ma a un lamento  preferisco un'azione, oppure il silenzio che è d'oro! La storia narra  di un ragazzo nato da una relazione di un militare italiano, in servizio in una colonia Somala è una donna del posto. Il ragazzo infatti nasce in Africa, come anche la sorella Isabella. Tornato con il padre in Italia, cresciuto con la sua pelle scura in un'Italia delle leggi razziali. Inizia a studiare al liceo poi l'università alla facoltà di medicina. Non finisce gli studi ma si schiera con le formazioni partigiane per liberare Roma dall'oppressore arrivando fino al nord Italia, combattendo eroicamente fino alla morte nei pressi di Trento il 4 maggio del 1945.
Medaglia d'oro al valor militare alla memoria, mi hanno colpito in particolare le sue parole pronunciate alla radio "Baita" quando fu fatto prigioniero a Biella è costretto appunto a inviare un messaggio ingannevole per far cadere in trappola i suoi compagni. Lui invece cosa fa? Conoscendo il rischio, va in onda ma inviando un suo messaggio: "Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica. La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori". La trasmissione è interrotta e Giorgio è massacrato di botte.
Questa storia mi inorgogliosce come Italiano. Sembra cosi attuale anche alla luce della cronaca di questi giorni, sentendo parole come integrazione, immigrazione, unità, libertà............

domenica 19 settembre 2010

JOE PETROSINO 150mo anniversario della nascita



Il 30 agosto del 1860 nasce a Padula (Salerno) Giuseppe Petrosino. Giunge a New York a tredici anni con i genitori e i fratelli immigrati nella grande mela, dove diventa per tutti Joe. Fece il lucida scarpe lo spazzino poi con l'arrivo di tanti immigrati italiani fu prima informatore della polizia (anche interprete)  perché la maggior parte dei poliziotti erano ebrei e irlandesi i quali avevano difficoltà a comunicare con gli immigrati italiani, tutto a favore della "mano nera" è cioè le organizzazioni criminali che cercavano di arruolare nuovi uomini in arrivo dall'Italia. Con difficoltà diventò poliziotto nel 1883, deriso per le sue origini e la sua bassa statura. Ma la sua forza fisica e mentale gli fecero ottenere tanti successi contro un nemico che parlava la sua stessa lingua e contro cui nutriva un rancore per il letame che rivoltarono verso la stima che gli  Italiani si erano costruiti. oltre al suo impegno fu determinante per la sua carriera la stima che nutriva per lui Theodore Roosevelt assessore alla polizia e poi futuro presidente degli stati uniti. nel 1895 fu promosso sergente, preposto quindi anche alla conduzione di indagini. Forse fu proprio questo che spinse il detective Joe Petrosino a Palermo dove però trovò la morte alle 20:45 di venerdì 12 marzo 1909 al capolinea del tram in piazza marina.


Il celebre poliziotto italo americano, paladino dell'antimafia a Little Italy diventa volto da francobollo in vendita in tutti gli uffici postali già dal 30 Agosto 2010. 
     Per ulteriori informazioni www.joepetrosino.org 

venerdì 3 settembre 2010

Generale Carlo Alberto Dalla chiesa















Il 03 settembre del 1982 esattamente 28 anni fa  veniva ucciso a Palermo in Via Isidoro Carini il generale dell'Arma dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla chiesa, con la moglie Emanuela Setti Carraro e un autista agente di scorta Domenico Russo. Inviato a Palermo  dai politici di quel tempo dopo i tanti successi ottenuti, in primis il colpo inflitto alle brigate rosse, fu  in realtà abbandonato al suo destino perché i poteri speciali di prefetto di Palermo non arrivarono come dal generale sperati. Ma il suo senso del dovere, quello di un'uomo tutto di un pezzo, onesto caparbio e coraggioso lo portano ahimè all'appuntamento con la morte. Perché la mafia che più delle brigate rosse era radicata e potente sul territorio aveva capito che quell'uomo avrebbe potuto, se non sconfiggerla, infliggerle un duro colpo. I figli Nando, Rita e Simona avuti dalla prima moglie Dora Fabbro, suo grande amore, morta per infarto nel 1978. Al funerale vengono messi in seconda fila dietro gli uomini dello stato che non avevano dato il giusto supporto a quella nomina conferita al loro padre. Di ritorno a casa fuori la chiesa di San Domenico mentre erano su un taxi, una Donna Palermitana mette la testa attraverso il finestrino dell'auto e rivolta ai ragazzi gli dice "Non siamo stati noi a ucciderlo" con quel "NOI" voleva intendere tutti gli onesti Palermitani che ancora oggi aspettano altri uomini come il Generale che li liberi da quell'infamia che è la mafia.

lunedì 8 marzo 2010

Eleonora Anna Maria Felice de Fonseca Pimentel

Nel giorno in cui qualcuno (Sopratutto  donne) si ostina ancora a festeggiare una festa come se fosse "uno" solo il giorno in cui ricordarsi di loro, dimenticando la tragedia che diede inizio a questa data.Voglio raccontarvi di un personaggio "Donna" che merita tanto. Eleonora Anna Maria Felice de Fonseca Pimentel (Roma, 13 gennaio 1752 – Napoli, 20 agosto 1799). Originariamente, Leonor da Fonseca Pimentel Chaves. È stata una delle figure più rilevanti della breve esperienza della Repubblica Napoletana del 1799. Di famiglia portoghese ma nata a Roma. Si dedicò allo studio delle lettere e si cimentò nella composizione di versi (sonetti, cantate, epitalami). Fin dall'infanzia leggeva e scriveva in latino e greco, parlava inoltre diverse lingue moderne. Nel 1778 sposò Pasquale Tria de Solis, capitano dell'esercito napoletano, da cui ebbe un figlio, Francesco, che morì in tenera età; resterà l'unico figlio da lei avuto. Per lui scrisse cinque sonetti, pervasi di disperato amore materno.Nel 1786 si separò dal marito, le cui percosse le avevano causato l'interruzione di una seconda gravidanza (il marito sarebbe poi morto nel febbraio 1795). Amica della regina Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, divenne la curatrice della sua biblioteca. Con lei frequentò i salotti degli illuminati napoletani, affiliati alla massoneria e in un primo tempo sostenuti dalla stessa regina. Forte fu il legame tra le due donne, ma si interruppe drasticamente con il sopraggiungere, dalla Francia, delle notizie che facevano conoscere i drammatici sviluppi della Rivoluzione. La regina progressista, si sentì tradita da quegli amici che con lei avevano lavorato per una monarchia moderna e che ora promuovevano l'avvento della repubblica. Nell'ottobre del 1798 Eleonora fu incarcerata con l'accusa di giacobinismo. Fu liberata dopo qualche mese dai "lazzaroni", che avevano aperto le carceri per avvalersi dell'aiuto dei delinquenti comuni. Fu il direttore del giornale ufficiale della Repubblica, il Monitore Napoletano, che si pubblicò dal 2 febbraio all'8 giugno 1799, in 35 numeri bisettimanali. Dai suoi articoli emerge un atteggiamento democratico ed egualitario, contrario ad ogni compromesso con le correnti moderate  volto a diffondere nel popolo gli ideali repubblicani, attività nella quale la Pimentel si impegnava attivamente. La conseguenza fu quello di acuire il malanimo dei Borbone nei suoi confronti e di attirarle addosso la loro vendetta, quando la Repubblica, nel giugno del 1799, fu rovesciata e la Monarchia fu restaurata, Eleonora fu arrestata e portata in una delle navi ancorate nel golfo di Napoli dove furono ammucchiati i rei di Stato in attesa della definizione delle sentenze. In un primo tempo la Giunta di Stato riconobbe ad Eleonora - e sottoscrisse - una "obbliganza penes acta", in sostanza un contratto ed una sentenza insieme, con cui il giudice ed il condannato rinunciavano al processo ed il secondo giurava, pena la morte, di non rientrare nel Regno. Tuttavia la Giunta di Stato, tre giorni dopo, dichiarò di aver commesso un errore formale ed Eleonora fu condotta nel Carcere della Vicaria; disattendendo la firma regia già apposta all'obbligo penes acta (ma di maggiore portata fu il disattendere per tramite dell'Ammiraglio inglese Orazio Nelson - dinanzi a tutte le nazioni d'Europa - la capitolazione stipulata dai Borbone con i Repubblicani), il 17 agosto fu condannata a morte. Fu impiccata a Napoli, nella storica piazza del Mercato, il 20 agosto 1799. Salì al patibolo con coraggio.
Ho tratto da Wikipedia l'enciclopedia libera la maggior parte di queste informazioni.Di lei scrisse anche Benedetto Croce, ma uno degli ultimi libri sulla sua storia è di Enzo Striano, Il resto di niente. Da cui e tratto l'omonimo film (del 2004), che vi consiglio, della regista napolatana,  Antonietta De Lillo.

lunedì 1 febbraio 2010

Libero Bovio

Figlio di un Filosofo e di una donna amante della musica, l'otto giugno del 1883 nacque a Napoli Libero Bovio. Iniziò gli studi di medicina ma alla morte del padre fu costretto a trovare un impiego che gli consentisse il sostentamento. Collaborò con alcuni quotidiani locali, poi ebbe un'impiego al Museo Nazionale di Napoli fino a diventare direttore dell'ufficio esportazioni. Questo lavoro gli consentì di dedicarsi alla sua passione artistica, scrivendo un notevole numero di canzoni, poesie, aforismi, scritture di versi e opere teatrali. Assunse nel 1915 la direzione di una storica casa musicale "la Canzonetta". Il padre lo chiamò Liberato per le sue dichiarate ideologie repubblicane, mentre fu la madre che lo appassionò alla musica essendo una maestra di pianoforte. Intorno al 1915 confezionò canzoni come Tu ca nun chiagne (musica di Ernesto De Curtis), Reginella (musica di Lama), Cara piccina, Carmela è 'na bambola, Chiove, 'O Paese d' 'o sole e Lacreme napulitane, queste ultime due composte intorno al 1925 e legate al tema dell'emigrazione. Fu anche autore di opere teatrali, tra cui Gente nosta, 'O prufessore, 'O Macchiettista e anche di canzoni dai toni Più drammatici di quelle che gli avevano dato la fama, come Lacreme napulitane, Carcere, 'E figlie, Zappatore, Guapparia. Un suo aforisma recitava: un matrimonio senza figli non è che un libro con tutti fogli bianchi. Terminato il periodo bellico, sposò, nel 1919, Maria Di Furia che gli darà due figli. Nel 1941 iniziò la sua malattia culminata con la sua morte nel maggio dello stesso anno nella sua casa di via Duomo. A lui e dedicato il titolo del mio Blog tratto da un suo libretto intitolato appunto "Don Liberato si spassa" una sua raccolta di aforismi, proverbi, battute e tutto quello che gli passava per la mente.

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